Ho iniziato ad amare questi luoghi fin da bambino percorrendo la Ferrovia Voghera – Varzi con mia mamma per andare a fare visita alla nonna, che come sempre, mi deliziava con le sue torte di mandorla, gli agnolotti di brasato e il salame di Varzi, ma non solo, Varzi sono le mie origini ed ogni volta che passo per quelle strade gli occhi mi si riempiono di commozione. La svolta è stata nel 1991 percorrendo per la prima volta la Via del Mare da Tortona a Portofino. Luoghi e monti si sono stampati nei miei occhi come immagini indelebili.
Mi vengono in mente ancora le giornate di autunno inoltrato, dove la nebbia a Voghera rendeva tutto monocolore e mentre si avanzava con il trenino, il sole spuntava dalla nebbia e rendeva lucidi quei colori così perfetti, che solo l’autunno ci regala. Molto spesso si andava a Fabbrica Curone a fare visita ad un mio zio, che viveva ancora di ciò che la terra gli dava, ricordando, come fosse ora qualcosa di speciale che aveva sempre sul davanzale della finestra; lo chiamavo il “formaggio che cammina”, una prelibatezza che forse alla vista di tutti quei vermicelli che passeggiavano, non era così gradevole, che riservava notevoli sorprese al palato, le stesse che oggi si possono ancora apprezzare nel formaggio “nisso”, tipico di questi luoghi. Dopo essermi deliziato di questa formaggio si ritornava a casa percorrendo a volte la Valle Curone che per molti tratti corre parallela alla Valle Staffora.
Le due valli, dalle sorgenti alla foce, unite alle Valli Trebbia, Aveto e gli affluenti, compongono quel territorio chiamato le “Quattro Province”, molto simili tra loro sia nel dialetto, nella cultura e nelle tradizioni, essendo state anche terra di passaggio di numerose genti, dai religiosi, ai nobili, ai mercanti, ai briganti e così via in lungo il corso dei secoli.
Per quanto riguarda il vino bisognerebbe aprire un capitolo a parte: il Cortese dei Colli Tortonesi, i vini dell’Oltrepò Pavese, i colli piacentini, inseme ai vini della zona di Gavi, vengono a comporre una gamma di grande valore per la valorizzazione del territorio e della cultura vinicola. L’uva e il vino hanno avuto un’importanza notevole nella storia di questi posti, anzi direi che ne hanno scritto la storia in concomitanza con la presenza di Nobili casate, che oltre a governare o fare le guerre, si dedicavano anche alla cultura della vigna; perche’ oltre che a fare le guerre, ci si poteva deliziare il palato.
Geografia : parlando di Oltrepò Pavese si può notare la sua forma triangolare, meglio definita da Gianni Brera “come a grappolo d’uva”. Il territorio si compone di tre fasce, quella pianeggiante a ridosso dello scorrere del fiume Po, la collinare, con i suoi vigneti e i boschi ricchi di prodotti della terra quali funghi e castagne, ed una montana, dove si trovano le sorgenti dello Staffora e del Curone fino a lambire i Fiumi Trebbia e Aveto. Tra le montagne più importanti citiamo il Monte Lesima, il Monte Chiappo, la Cima Colletta, il Monte Boglelio, Monte d’Alpe, e il Monte Pietra di Covo.
Assistendo ad uno dei tanti incontri con l’enologo Mario Maffi, grande esperto di vino d’Oltrepò Pavese, mi è rimasta impressa la notizia che le viti qui impiantate hanno origini molto antiche fino ai tempi dell’Epoca Romana (un tralcio di vite fossile e’ stato ritrovato nei pressi di Casteggio), quindi oltre ad essere una zona di vini importante dal punto di vista paesaggistica lo è anche dal punto di vista storico.
Le Tradizioni : ben radicate si esprimono nella musica ed hanno nel piffero, nella cornamusa e nella fisarmonica le sue radici. In occasione di sagre, feste patronali, festival folkloristici e celebrazioni sono tornate con sempre più frequenza da qualche anno, ad essere lo spettacolo principe di feste da ballo nei paesi e nelle frazioni montane.
Nella fascia collinare il vino è il re della coltivazione, mentre nella fascia montana si possono trovare molti produttori di prodotti di nicchia quali formaggi, miele, frutta, salumi e ancora molto altro che danno un tocco particolare ma anche di assoluta prelibatezza per arricchire l’economia di queste zone, tanto che molti ristoratori prediligono questi prodotti nelle loro ricette.
La storia: ciò che però ha impresso in questi luoghi un segno ancora oggi visibile è la sua storia, che ha avuto nel periodo medioevale un’epoca di grande brillantezza, prosperosità, ma anche tante battaglie e di sofferenze. Iniziando dai tempi antichi, si può dire che queste erano comunque zone di passaggio e poi anche di insediamento, tutto era ed e’ evidenziato dai ritrovamenti di reperti archeologici sul Monte Vallassa e da ritrovamenti che portano anche all’età della pietra che documentano sul Monte Alfeo e nei pressi di Serra del Monte (il Castelliere di Guardamonte), l’esistenza di vita organizzata. Si trattava di popolazioni liguri (iriati e derthonine) che si sono insediate nei nostri appennini.
Facciamo poi un balzo di qualche secolo fino ad arrivare al 238 a.c., quando i Romani iniziarono la guerra contro i Liguri della Riviera, guerra che duro’ fino al 224 a.c. quando entrarono in Valle Staffora, nel territorio “vogherese” e nel 221 a.c. fortificarono Clastidium (Casteggio), accolti dalle popolazioni liguri che solo all’arrivo di Annibale nel 218 a.c., compresero che i Roman i non erano esattamente ciò che si aspettavano, e si allearono così con le sue truppe. Durante il periodo delle guerre puniche ed esattamente nella seconda, i Romani si impossessarono definitivamente di questi luoghi esattamente nel 197 a.c..
Passiamo ora ai periodi più belli e simbolici di queste zone dove si intensificarono i passaggi di genti dedite ai commerci e Voghera (Iria, poi Vicus Iriae, poi Viquirie, Viqueria ed infine Voghera) ebbe nel bene e nel male un periodo di notevole importanza strategica. Di Voghera ricordiamo un certo comandante che venne in questi luoghi a combattere: il suo nome e’ Cavaliere Bevons de Noyers che poi diventò pellegrino e morì nei pressi di Voghera, fu venerato come santo e divenne San Bovo che riposa ancora oggi nel Duomo di Voghera.
Facciamo un balzo in avanti, tralasciando tutte le vicissitudini relative ai passaggi di proprietà, dovute a continue guerre tra famiglie nobili, che però si riassumere in alcune date fondamentali per il territorio. Iniziamo dal XII secolo con Federico Barbarossa, che assegnò a Pavia i feudi Vogheresi e l’Oltrepò divenne Pavese, in seguito ci furono i trattati di Worms nel 1743 e quello di Acquisgrana (1748) che assegnarono il territorio Savoia, e’ infine dopo l’Unità d’Italia, che l’Oltrepò assunse gli attuali confini che lo caratterizzano. Facendo un breve passo indietro, dopo il periodo di Federico Barbarossa queste zone furono dominate dagli Sforza, ma il periodo che più ha portato ai giorni nostri segni tangibili è stato quello che ha visto alcune nobili casate come i Malaspina i Dal Verme, I Beccaria e i Visconti, che costruirono una fitta rete di Castelli, Roccaforti e Torri nei cui dintorni sorsero abitazioni e piccoli borghi, che ancora oggi conservano le vestigia di un tempo regalando al visitatore la vista e il ricordo di luoghi dal forte sapore evocativo.
Oggi molti di questi castelli sono oramai diroccati, altri non esistono più perché le pietre furono usate per costruire case, altre sono state trasformate in ville patronali, o ville con annessa la relativa Azienda Vinicola. Altri ancora sono stati restaurati, ma sono stati privatizzati (vedi Montalto Pavese, Cigognola, Monteseale, Brignano Frascata), altri infine sono accessibili ai visitatori, come il Castello di Oramala famoso perché era la residenza principale di Oberto Obizzo, il Castello di Zavattarello, e infine il Castello Visconteo di Voghera, che dopo anni di vicissitudini, e’ stato finalmente restaurato, riscoprendo le sue mura e le sue bellezze, donando a Voghera quel fascino di antica citta’ con un importante passato.
Al pari dei castelli sorsero anche molti luoghi di preghiera, ed il più importante e’ sicuramente l’Abbazia di San Colombano a Bobbio, che oltre ad essere un punto cardine per la religiosità è stato anche un punto importante per il passaggio dei pellegrini che si dirigevano a Roma attraverso la Via Francigena, nei tratti che percorrevano le Valli Curone e Staffora. Essere monaco voleva dire molto spesso cultura della terra, quindi anche cultura della vite, perché è con i monaci che si conservarono le tradizioni della coltivazione e della produzione del vino.
Tra balzi e salti in mezzo a qualche millennio, mi sono solo limitato a scrivere più di 2000 anni in poche righe; certo si potrebbe raccontare ancora molto, ma non ne sarei capace per cui rimando ai numerosi libri che ne parlano molto più approfonditamente, chi volesse saperne di piu’ in merito agli aspetti storici.
Le Quattro Province ma una unica cultura, uno studio e un approfondimento che ci ha consegnatro uno spaccato di vita e tradizioni tutto da leggere, gustare, e perchè no, da ballare e cantare. Esplorate il sito e troverete tante cose che vi sembreranno di un tempo passato, ma scoprirete ancora tanta gente che ama la cultura dei nostri amati anziani che hanno lasciato tradizioni e cultura da preservare. In tutto questo la tecnologia, che ci regala il web, ci aiuta a mantenere tutto ciò.
Vedere le Quattro Province vuole dire prima di tutto incontrare la storia di questi luoghi, che affonda nel più profondo medioevo e in qualche luogo, all’epoca Romana. Il territorio è incuneato tra le province di Pavia, Alessandria, Piacenza e Genova, creando un importante crocevia di comunicazione e di commercio tra la pianura ed i centri più popolati e il mare, dove le navi portavano merce di ogni tipo. Per questo motivo nacquero castelli, luoghi di culto, paesi e frazioni, punti di ristoro o di scambio merci lungo le strade principali, alcune di queste rivivono qui e nella realtà odierna col nome di “Vie del Sale”.
Tutto il territorio che compone le terre delle Quattro Province, hanno da sempre la cultura e l’amore per tutto ciò che è svago, sia per le attività sportive, che per la organizzazione di attività culturali ed eventi maggiormente legati alla cultura paesana, che hanno radici profonde e che negli anni hanno saputo mantenere la loro semplicità, spontaneità e tradizione.
Conservare nella memoria, la necessità di non dimenticare: luoghi, ricordi, date, recuperare. Per non dimenticare la necessità è quella ricostruire il passato. Ricordare per amore, perché l’immagine custodita non è solo la fredda descrizione di un evento associato a una data, ma è un insieme caldo e ancora commovente che fa riferimento a momenti di vita, propria o altrui, che ci hanno una volta coinvolto e che ancora sanno darci emozioni. A volte sono emozioni piacevoli, a volte dolorose, ma entrambe sono testimoni di qualche cosa di importante per noi, qualche cosa che ci fa dire. Ricordare per crescere, per fare tesoro dell’esperienza passata e scegliere, di conseguenza, come organizzare il proprio futuro.
Inoltrandoci sulle colline dei versanti appenninici, il paesaggio si manifesta curato e selvaggio allo stesso tempo: curato attraverso i tanti vigneti dell’Oltrepò Pavese delle Colline Tortonesi e lungo le Valli del Piacentino; selvaggio lungo le valli adiacenti che portano fino al mare, un susseguirsi di paesaggi che danno gioia alla vista di chi visita questi luoghi. Gianni Brera amava ricordare l’Oltrepò Pavese “a forma di grappolo d’uva” e per questo che l’Oltrepo Pavese ma tutte le Quattro Province esprimono la profonda tipicità proprio a tavola, nelle preparazioni gastronomiche tradizionali, uno dei suoi i lati migliori. Piatti e ricette dei nostri nonni mai dimenticate, spesso recuperate e riproposte.
Sognare racchiude tutto ciò che si può trovare nelle Quattro Province. Sognare vuol dire fermare il tempo e soffermarci quando assaporiamo ogni cosa che ci viene incontro, che assaggiamo, che vediamo, che viviamo. Sognare vuol dire vivere questo territorio con lo sguardo del fanciullo che sogna.
Una raccolta di Borghi – Cascine – Mulini – Essicatoi – Castelli – Torri. Conservare nella memoria, la necessità di non dimenticare: luoghi, ricordi, date, personaggi. Per non dimenticare la necessità è quella di ricostruire il passato. La storia di questi luoghi ci parla di lavoro duro e sempre in condizioni difficili, lavoro che spesso regalava poche cose: una pagnotta un poco di vino duro, difficile da bere, ma sempre generoso, accanto a un camino che riscaldava cuore e corpo.
Conservare nella memoria, la necessità di non dimenticare: luoghi, ricordi, date, personaggi. Per non dimenticare la necessità di ricostruire il passato.
Quella porzione dell’Appennino ligure compresa nelle province italiane di Pavia, Piacenza, Alessandria e Genova…
“Il toponimo Quattro Province ha origini recenti e si rintraccia in alcuni studi etnologici e musicali effettuati a partire dagli anni settanta del Novecento in poi. Tale denominazione fu coniata e impiegata per identificare un territorio, quale quello convergente nei quattro suddetti distretti amministrativi, accomunato dalle medesime tradizioni musicali, in particolare strumenti e danze tradizionali. A partire dagli anni 2000 il nome è stato esteso a concetti storici e geografici atti a rimarcare una precisa identità culturale dell’area in oggetto. Tuttavia le popolazioni di questi luoghi non hanno mai attribuito un nome particolare o univoco alla zona.
Storicamente zona di transito per commercianti, eserciti, pellegrini e viaggiatori, vi passavano antiche percorrenze come la via Postumia (tracciata da Aulo Postumio Albino nel 148 a.C.) che collegava Genova ad Aquileia, la via Francigena.”
Oggi è diventato un territorio…