Oltrepò Pavese

La Valle Staffora
La bassa e media Valle Staffora, le valli Nizza, Ardivestra e Luria.
Oltrepò Pavese orientale   
Composto dalle valli dei torrenti Coppa, Ghiaia di Borgoratto e Montalto, le Valli Scuropasso, Versa, e Bardonezza. Percorsi delle colline  della produzione vinicola dell’Oltrepò Pavese
Oltrepò Pavese montano

Le montagne dal Monte Alpe al Monte Penice, a valle Staffora alta fino ai crinali tra la Cima Colletta e il Monte Lesima e tra il Monte Boglelio e Chiappo. Percorsi panoramici sui crinali dell nostre più importanti montagne e vie sentieristiche di assoluta importanza. La scelta è riservata ai “bikers” più esperti, ma anche il  meno esperto può trovare molti sentieri da percorrere.

Vedere l’Oltrepò Pavese e le Quattro Province vuole dire prima di tutto incontrare la storia di questi luoghi, che affonda nel più profondo medioevo e in qualche luogo, all’epoca Romana. L’Oltrepò Pavese è incuneato tra le province di Alessandria, Piacenza e Genova,  creando un importante  crocevia di comunicazione e di commercio tra la pianura ed i centri più popolati e il mare, dove le navi portavano merce di ogni tipo. Per questo motivo nacquero molti punti di ristoro o di scambio merci lungo le strade principali, alcune di queste rivivono nella realtà odierna col nome di “Via del mare”, “Via del Sale”.

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Oltre al commercio, l’area divenne anche crocevia di religiosità, permettendo ai  pellegrini  di avvicinarsi ai centri religiosi più importanti come la Abbazia di San Colombano, incontro di  vie religiose famose come la Via Francigena e la Via degli Abati, con la conseguente nascita di molti punti di ristoro per i pellegrini. La storia religiosa  vive ancora oggi nelle tante chiese e  parrocchiali di paese, come la Pieve di S. Zaccaria  a Godiasco, la Pieve Romanica dei Cappuccini, la Parrocchiale di S. Germano, gli Oratori dei Bianchi e Rossi in Varzi, la Abbazia di S.Alberto· di Butrio, la Pieve di Santa Maria a Viguzzolo, e quella di San Pietro a Volpedo. Non si può non fare cenno al Tempio della Fraternità di Cella di Varzi che raccoglie una collezione di reperti bellici sia all’interno della Chiesa, che sul piazzale antistante dove sono parcheggiati addirittura carri armati ed aerei delle ultime guerre; non una collezione pura e semplice, ma un invito alla pace.
La storia indica anche un periodo molto prolifico, con l’avvento ad esempio dei Malaspina e in particolare di Oberto Obizzo che si insediò nel Castello di Oramala,   creando una serie di fortificazioni nella Valle Staffora, oggi ancora in condizioni buone grazie “purtroppo” ai restauri sovvenzionati dai privati. Ma non solo nella Valle Staffora, sia nella Val Curone,  che in tutto l’Oltrepò orientale, si creò una rete di fortificazioni, alcune delle quali oggi ridotte a pochi sassi, altre a poche mura ormai cadenti, altre restaurate e recuperate alla vista dell’antica bellezza, altre trasformate notevolmente nella loro struttura architettonica, a causa delle continue lotte o guerre, altre trasformate in ville private e aziende vitivinicole, molte delle quali si possono visitare durante la manifestazione vinicola denominata “cantine aperte”. Citiamo poi tra i castelli visitabili, il Castello di StefanagoIl Castello dei Dal Verme a Zavattarello, e il Castello dei Malaspina a Oramala e per ultimo, il recuperato e grandioso Castello Visconteo di Voghera che ha conservato alcuni dipinti del Bramantino, che aprono le loro porte, soprattutto nel periodo estivo, regalando storie di cavalieri, di dame, di lotte, di guerre e di fantasmi.., decantati durante le numerose manifestazioni culturali che risaltano l’aspetto medioevale dei luoghi.
Non dimentichiamo che nelle quattro province scorrono dai piccoli rii a torrenti, ed in molti di questi possiamo ancora trovare antichi mulini, qualcuno ormai ridotto a pochi sassi, altri ancora funzionanti e visitabili sia dall’escursionista in cerca di avventura sui sentieri che corrono paralleli ai torrenti, o dal semplice visitatore che si vuole avvicinare alle valli senza dover fare troppa fatica.
Potremo trovare nella zona di Grondona, antichi essiccatoi, dove venivano fumigate a scopo conservativo le castagne, detti “abèghi” che sono stati recuperati e ricondotti al loro splendore.
In queste zone, tra collina e montagna si trovamo alcuni dei paesi insigniti del marchio “I borghi più belli d’Italia” citiamo: Zavattarello, Fortunago,  Oramala (purtroppo da poco escluso perché “nel paese non c,è una attività di ristorazione”), Volpedo e Porana.
Ciò che forse più di tutti regala emozioni è semplicemente il paesaggio dai colori intensi, i monti, dove la vista all’orizzonte arriva al mare di Liguria, e che regalano due luoghi di assoluta bellezza come la Riserva Naturale Monte Alpe, nei pressi del Passo del Penice, e il Giardino Alpino di Pietra Corva, nei pressi di Romagnese, un,oasi creata per gli amanti delle innumerevoli piante, che trovano dimora tra rocce e piccoli specchi d’acqua.
Per finire basterebbe percorrere con l’auto le strade dell’Oltrepò Pavese orientale  e le colline della Valle Curone, per ammirare un panorama costellato di infinti filari di viti, che regalano nei mesi autunnali, al tramonto, uno spettacolo davvero emozionante, che lascia a bocca aperta. Ecco cosa è la terra delle quattro regioni, chiamata anche la terra di mezzo, tra la pianura padana e il mare, un continuo spettacolo di bellezze ben radicate nel territorio che regala emozioni a non finire.

Immagini d’Oltrepò Pavese

La Valle Staffora d.o., le Valli Nizza e Ardivestra

Stiamo parlando della Valle Staffora destra orografica, e delle valli e vallette che si gettano nel torrente Staffora lungo la Valle omonima nel tratto che da Voghera arriva a Varzi. La zona a me personalmente è molto cara perché sono nato a Voghera, ma ho vissuto tanto a Varzi, e la mia gioventù si è incrociata con la storia anche della ferrovia che univa Voghera a  Varzi, oggi sostituita da più veloci ma senza dubbio freddi mezzi di trasporto a ruote. Il treno era motivo di gioia soprattutto perché voleva dire che vedevo mia nonna, gli agnolotti di brasato, il salame, la torta di mandorle, vedevo amici con i quali scorazzare per il paese, e mi tuffavo nelle acque dello Staffora, dopo aver costruito la diga e un bel trampolino, anche seil livello del torrente non è tale da poterlo permettere. La maggior parte dei ricordi se ne sono andati assieme al volgere della mia età, ma sono ancora oggi vivi nella mia mente come se fosse ieri. Piccole valli che hanno tutte un una vita simile fatta di lavoro nei campi, di produzione di vino così come in quasi tutto l’oltrepò pavese collinare, di produzione di grandi tipicità come il salame, il latte, il formaggio, la frutta. Come tutto l’oltrepò si possono ammirare i tanti castelli, quello di Nazzano, di Oramala, di Stefanago, Pietragavina, di Verde, di Montesegale, quasi tutti ristrutturati e di proprietà privata ma forse per questo motivo, danno vigore  bellezza a queste valli. Le tante chiese di altrettanti paesini dove spiccano la Pieve di San Zaccaria ma soprattutto l’Abbazia di Sant’Alberto, che ci può regalare emozioni senza dubbio particolari ed uniche.  Possiamo trovare per esempio gli Orridi di Marcellino, pareti argillose a picco sul Rio Fossone,  che poco a poco lasciano la propria terra sulle rive del Rio, rendendolo un luogo suggestivo con la possibilità di ammirare questi luoghi da un paesino chiamato Nebbiolo o direttamente sul Rio Fossone seguendo le indicazioni di un percorso segnalato, oppure arrivando a Torrazza Coste visitandolo dall’alto, dove il luogo è messo in sicurezza da reti di protezione. Questo luogo divide lo stesso di tipo di conformazioni con quelli di Gomo e di Rocca Susella. Nella parte bassa di questa zona si incontrano tre paesini, Torrazza Coste, Codevilla e Retorbido, situati rispettivamente nelle vallecole del torrente Bagnolo, Luria e il Rile di Retorbido. Risalendo lungo questa zona incontriamo la  prima valle che si getta nel torrente Staffora alla altezza di Godiasco, chiamata Ardivestra e percorsa da torrente omonimo. Risalendo lungo la provinciale si incontrano i paesi di Montesegale, Sanguinano, Sant’Eusebio fino ad arrivare sul crinale nei pressi di Fortunago che è senza dubbio uno dei paesi più caratteristici non solo di queste zone e non per niente si fregia di essere uno dei più bei borghi Italia. Saltiamo il crinale opposto alla valle Ardivestra e ci troveremo nella seconda valle che si getta nella Valle Staffora che è chiamata la Val di Nizza tagliata dal torrente omonimo. Risalendo lungo questa valle si arriva a Sant’Albano, pesino caratteristico di queste zone frequentato in estate da villeggianti che trovano qui un ambiente favorevole per la tranquillità, ambienti panoramici, sentieri per poter praticare sport, ma anche per il solo passeggiare, ma soprattutto si trovano ambienti cordiali dove ci si può arricchire con la conoscenza e lo scambio di idee. Paesi colorati di verdi prati esaltati dal paese che si incontra proseguendo lungo la valle che si chiama Valverde.  La strada poi si divede delimitando la zona, a sinistra a Torre degli Alberi e a destra per Pietragavina anche questi erano, e sono paesi che si trovano molto bene nel ruolo di luoghi di villeggiatura. Quasi appena iniziata la Val di Nizza troveremo le indicazioni per la Abbazia di Sant’Alberto e del  Castello di Oramala, lungo una strada per molti tratti  panoramici e per  questo adatta ad una scampagnata in auto o in moto ma soprattutto in bicicletta. L’Abbazia sicuramente è uno dei luoghi più suggestivi dell’intero Oltrepò Pavese ed è sicuramente una meta che non deve mancare nei nostri viaggi, se poi ci portiamo verso Oramala potremo vedere quello che è considerato uno dei più bei borghi d’Italia segnalato anch’esso dai cartelli posti sulla strada, purtroppo il castello omonimo non è aperto al pubblico ma, nel periodo estivo riserva lo spazio dei suoi medioevali interni alle numerose manifestazioni culturali, di notevole interesse, promosse da persone valide e amanti della bellezza della “parola”, quali la associazione Varzi Viva e Spino Fiorito.

I Vigneti dell'Oltrepò Pavese

La zona che andiamo a scoprire è molto estesa, comprende molti comuni e racchiude la parte più ad est dell’Oltrepò Pavese collinare. Questa è senza dubbio, una zona di grande produzione di vino di qualità, una serie di vini che si sono conquistati il palmares di migliori a livello nazionale mentre la viticoltura locale si sta prepotentemente conquistando un posto al sole anche sui mercati internazionali, Barbera, Bonarda, Sangue di Giuda, Buttafuoco, Pinot, Riesling, Cortese e Moscato sono solo alcuni dei nomi rappresentativi della vasta gamma di uve oltrepadane, tanto da elevare la sua importanza a livello nazionale. Se ci dovessimo avventurare tra le colline dell’Oltrepò potremo ammirare colline dai dolci pendii, dal colore verde, e lunghe file di vigneti, e ancora più spettacolari saranno i colori nella primavera e in autunno, dove il verde si mischia al colore delle foglie creando panorami naturali di assoluta bellezza. Tre valli tagliano tutta questa zona inserendosi fino a toccare i confini emiliani, la valle del Torrente Ghiaia di Montalto, la Valle Scuropasso, e la Valle Versa, che assieme alla Vale Staffora, compongono la struttura dell’Oltrepò Pavese. Non troveremo grandi cime ma solo colline e sui molteplici cucuzzoli  le Torri e i Castelli, a fare da sentinelle perenni di questi luoghi. I paesi e i borghi hanno tutti una bellezza particolare, e la voglia di conservare e non cambiare case, viottoli, chiese, castelli ma di conservare, pulire, migliorare, è unica e paragonabile ai borghi della Toscana e dell’Umbri. Potremo trovare piazzette piccole, silenziose, contornate dai colori dei fiori sui balconi, e la gente laboriosa nelle tante aziende agricole, piccole o grandi realtà che fanno da contorno al bellissimo paesaggio. Alcune di queste aziende sono dei veri gioielli che hanno conservato la loro bellezza antica, fatta di ville medioevali e di castelli ristrutturati. Il Consorzio Tutela dell’Oltrepo Pavese indica alcuni percorsi che possono  essere seguiti per conoscere al meglio la zona. Da Casteggio si entra nella Valle del torrente Coppa fra le colline coltivate a vigna e arriva al comune di Borgo Priolo prima, poi a Borgoratto Mormorolo ed infine a Fortunago. Il paese, appartenuto ai Malaspina e ai Dal Verme, è stato oggetto di un’efficace opera di restauro preservando le case in pietra tanto da ricevere la onorificenza di uno dei più belli borghi d’Italia. Un altro percorso, sempre partendo  Casteggio, ci porta dapprima a Calvignano, poi Montalto Pavese che ci consente di ammirare le sottostanti valli dello Scuropasso e di Ghiaie, mentre tutto intorno trionfano i vigneti, ma non si può fare a meno di vedere il maniero posto nella sua spettacolare posizione tanto da renderlo uno dei più belli del Nord Italia, anche se visitabile solo da fuori. Poco fuori Casteggio ci si può inoltrare trovando alcuni paesini non molto appariscenti ma dalle particolarità molto accese, parlo di Oliva GessiTorricella Verzate dove spicca il Santuario della Passione, Mornico Losana e Corvino San Quirico. La Valle dello Scuropasso lascia Broni e si inoltra all’interno ma una deviazione sulla destra conduce a Cigognola e a Pietra de’ Giorgi dove si possono ammirare i relativi Castelli. Quello di Pietra De Giorgi è stato  costruito dai Beccaria così come quello di Rocca de’ Giorgi che si raggiunge dopo essersi lasciati alle spalle Lirio, passando da Montecalvo Versiggia e nella frazione, sede comunale, di Villa Fornace troviamo la villa Giorgi di Vistarino, impreziosita dal verde del parco che lo circonda. Sulla Valle dello Scuropasso vegliava la rocca, detta “di messer Fiorello”, le cui mura, ora in decadimento, si ergono possenti su un poggio boscoso. Questo itinerario può concludersi toccando Pometo, sede del comune di Ruino. Punto di partenza ideale per la Valle Versa è sicuramente Stradella, città delle fisarmoniche. Due brevi varianti portano a Canneto Pavese e Castana dove i filari delle vigne le abitazioni rustiche, con cantina per la vinificazione, indicano ancora una volta che il radicamento dell’uomo alla terra, in quest’angolo di Lombardia, è avvenuto all’insegna della viticoltura. A Montù Beccaria devo assolutamente citare la ospitalità della famiglia Vercesi padroni di quello che era il Castellazzo. Il suo piccolo giardino contiene angoli e panorami davvero incantevoli. Torniamo ora sulla provinciale per arrivare a Santa Maria della Versa, uno dei principali centri vitivinicoli dell’Oltrepo, la capitale della raffinata produzione dello spumante. Il Castello di Santa Maria della Versa si trova in frazione Soriasco. Comoletiamo la visita alla Valle Versa toccando i paesi di Golferenzo e Volpara fino ad arrivare a Canevino. Torniamo infine a ritroso ma sulla sponda opposta del crinale, siamo al confine della Oltrepò Pavese e della Provincia e le vigne che si vedono sulla nostra destra sono quelle dei vini piacentini. Dopo essere transitati a Rovescala si passa da San Damiano al Colle e a Bosnasco e, con una deviazione, a Zenevredo.

I Monti Penice ed Alpe tra le Riserve del Monte Alpe e il Giardino di Pietra Corva

Partendo da Varzi, lungo la SS per il Monte Penice e, fatte poche curve, volgiamo lo sguardo indietro, ci accorgeremo della bellezza di questo paese, posto all’imbocco della Alta Valle Staffora, meglio ancora se questo sguardo lo volgiamo la notte: le luci danno un tocco spettacolare a questo che sicuramente lo potremmo considerare un quadro naturale. Salendo inontriamo, in località Collegio, il bivio per Menconico, paese nel quale si svolgono molte attività di svago e svariate feste patronali, tra le quali quella del formaggio “Nisso”, molto saporito e gustoso. Proseguendo sulla statale arriveremo al Passo del Penice e al vicino Santuario posto sulla cima del Monte Penice, tappa fondamentale per l’Oltrepò Pavese. Lo sguardo volge alla Costa del Monte Alpe che, dopo l’incendio che devastò buona parte di questo crinale, sta riprendendo a poco a poco vigore, anche questi luoghi vanno scoperti lungo i facili sentieri che portano alla vetta del Monte, bella vetta della Riserva Naturale. Lo sguardo volge anche verso il Monte Pietra di Corva, anche qui facilmente raggiungibile dai molti sentieri che portano alla vetta, soprattutto da quelli che partono dal Giardino Alpino che da un tocco di prestigio a questi luoghi, ricco di piante e fiori di ogni tipo. Siamo qui alla entrata della Val Tidone che raggiunge in breve tempo il paese di Romagnese, piccolo borgo che ha ritrovato splendore dopo i numerosi recuperi delle abitazioni, riportate ad antichi splendori. Seguendo la valle il bivio ci porta a Zavattarello, uno dei borghi più belli d’Italia, splendido paese che  culmina alla vista del Castello riportato ad uno splendore unico dopo i vari recuperi, uno dei pochi aperti di tutto l’Oltrepò Pavese. Proseguendo lungo queste vallette rigogliose e assolutamente pacifiche e tranquille, arriviamo a Valverde dove appunto spicca il verde dei tanti prati. Si risale poi a Pietragavina dove una visita al piccolo castello, visitabile solo da fuori, attaccato alla chiesa, e ai vicoli del paese. La discesa ci riporta a Varzi. La strada che invece porta da Varzi al Brallo ci porta a Santa Margherita di Staffora dove, nella parte alta del paese, la bella chiesa fa da punto di riferimento alla vista di tutta la valle. Il paese di Massinigo invece rincorre ancora oggi leggende ma anche storie vere che riconducono ai romani, con il ritrovamento del forno, appunto di epoca romana, e al possibile passaggio dei pellegrini per l’Abbazia di Bobbio, meta cardine per proseguire poi lungo la Via Francigena ed arrivare a Roma.

l Monte Vallassa e la Valle Staffora s.o. - l'archeologia

“MTB tra l’archeologia” Tanti sono i punti di interesse storico che caratterizzano questa zona, primo fra tutti naturalmente è il Monte Vallassa, dalla cui cima si gode un meraviglioso panorama sulla Alta Valle Staffora con Varzi in primo piano. Il monte, così come il Monte Penola, risultano una zona di importanza archeologica dove sono stati scoperti reperti che indicano l’esistenza di un villaggio abitato chiamato il “Castelliere di Guardamonte”, ed il ritrovamento di una statuetta bronzea ne dà la conferma. Nella zona compresa tra i due monti sopracitati sono stati scoperti inoltre numerosi fossili marini segni che queste zone erano ricoperte dal mare, molti reperti sono andati persi, ora ancora di più considerando che su questa zona è stato costruito da poco un osservatorio, ma ancora oggi se siamo fortunati possiamo trovarne qualcuno. Il Monte Vallassa ed i suoi torrioni sono meta degli amanti della scalata su roccia. Una sosta poi nei pressi in località Cà del Monte dove potremo trovare gli amanti non solo per il panorama ma anche per cimentarsi con il parapendio. Se poi ci portiamo lungo il sentiero segnalato verso la Valle del Semola che volge verso la Valle Staffora troveremo anche delle grotte che ci riportano a tempi antichi che la storia vuole abitate da un eremita che poi ha dato il nome alle grotte: San Ponzo e la grotta del Santo è accessibile per mezzo di una scalinata in ferro; appena sopra la cappelletta. Da vedere anche se di proprietà privata sono il castello di Pozzolgroppo e Rocca di Montalfeo da poco restaurato. Molto bella e caratteristica è la chiesa parrocchiale del Groppo che si trova nelle vicinanze di Biagasco. Infine nel pressi di Cecima sulla strada che ci porta a San Ponzo troviamo un mulino perfettamente funzionante. Siamo qui nella zona collinare della media Valle Staffora e Curone dove non troveremo le cime più alte ma l’assenza quasi completa dell’asfalto rende questa zona la preferita di molti biker; saliscendi e “single-trecks”, discese mozzafiato sono qui di casa ed i “bikers” di tutti i livelli si possono cimentare senza paura. Altra zona di notevole bellezza paesaggistica risulta quella a ridosso della Valle del torrente Lella dove troviamo i “calanchi”, vero paradiso per la MTB e ne possiamo godere a ritmo incessante se ci addentriamo poco sopra il paesino di Castello di Nivione, e percorriamo i sentieri, una vera pista da sci su terra, un regalo della natura. Non possiamo dimenticare che lungo tutto l’asse centrale di questa zona passa un tratto della “Via del Mare” che da Tortona passa da Volpedo e scende a Fabbrica Curone dopo una bella e veloce discesa (sentiero 102) (una clip video potrà darvi la gioia almeno visiva). La Valle Staffora diventerà in questo anno protagonista, essendo parte integrante del passaggio dei pellegrini del progetto delle vie Francigene, evento del maggio 2009, che vedrà anche il GFT partecipe con un tour che toccherà molti di questi sentieri, e non solo ma anche sulla Greenway, progetto della Provincia (speriamo!!!) che userà il tracciato della vecchia ferrovia Voghera-Varzi.

Il crinale tra la Cima Colletta e il Monte Lesima

Con la unione della sentieristica descritta nel capitolo riguardante il “Crinale Monti Giarolo_Ebro”  possiamo dire con sicurezza di coprire buona parte della sentieristica di tutte le nostre zone. Uno dei punti più altri e suggestivi di queste zone è senza dubbio il Monte Lesima che con i suoi 1724 metri sovrasta maestoso le valli sottostanti secondo solo al Monte Maggiorasca (1804 metri). Purtroppo la postazione radar sulla cima e la sua strada di accesso hanno stravolto parecchio la bellezza di questi luoghi, anche se pedalare in questi luoghi è sempre suggestivo. Dobbiamo per la verità dire che, a parte il crinale che unisce la Cima Colletta al monte Lesima e pochi altri sentieri del versante est del crinale, il resto è stato “brutalmente asfaltato”, siamo in accordo se diciamo che molti paesini sarebbero stati isolati soprattutto nei mesi invernali senza i vari collegamenti. ma noi ragioniamo come amanti della natura e preferiamo il sentiero ed il paesaggio incontaminato, quindi aspettiamoci sì delle belle stradine ma asfaltate. La leggenda indica qui e sul fiume Trebbia il passaggio di Annibale con le sue truppe abbia raggiunto il monte Lesima; da questo episodio  e dal fatto che cadendo si sia ferito ad una mano (lesit manu) nacque il nome del Monte Lesima. Il Monte Lesima  è collegata al Monte Chiappo attraverso il vicino Passo del Giovà e dalla cima del monte possiamo spaziare a 360° con un panorama daverro mozzafiato, che spazia dalla valle Staffora, alla Val Trebbia e la Val Boreca, non a caso è stato scelto per la costruzione della postazione radar. Altro monte che una volta era di notevole interesse è la Cima Colletta, punto di arrivo di una seggiovia che parte dal Rifugio Nassano. I paesi di questa zona sono tutti caratteristici e frequentati soprattutto nella stagione estiva, tranne Brallo di Pregola e passo omonimo che mantiene la fama di centro turistico dotato di alberghi e Pregola dove funziona un famoso centro sportivo C.O.N.I. Di interesse escursionistico per tutti è il rifugio della Faggeta da poco restaurato, luogo incantevole per passare una domenica in pace, per un picnic d una passeggiata salutare e perché no un poco di ristoro di acqua purissima alla vicina Fontana della Bonifica, così come ai Piani del Lesima per una bellissima passeggiata. Altro sito che sicuramente merita è la secolare e immensa rovere che si trova nei pressi di Pratolungo. Non dimentichiamo che dal crinale passa una delle “Vie del Sale” che prosegue unendosi sul Monte Chiappo a quella che proviene dal Monte Giarolo. Non possiamo dimenticare che da questo crinale passa la  Via Longa 1 , una tra le vie più importanti della rete sentieristica. I paesi di di questa zona sono tutti da visitare: Bralello dove nei pressi esistono degli immensi castagni, Barostro, Cencerate, Samboneto, lungo la Alta Valle Staffora, Colleri, Cortevezzo. Pratolungo, Lama, Ponti, Corbesassi, Someglio lungo la Valletta del torrente Avagnone, infine Zerba, Vesimo, Cerreto nel versante che volge verso la Val Boreca.

UN POCO DI STORIA DELL'OLTREPO PAVESE

LA PIANURA si alterna alle colline così come la nebbia e i campi coltivati vengono sostituiti, man mano che l’altitudine aumenta, da paesaggi appenninici. L’Oltrepò Pavese è una terra complessa, articolata in realtà differenti ma complementari. Un po come la sua storia, la cui colonizzazione si perde nella saga delle truppe romane e delle gesta di Annibale. La luna di terrena compresa tra il fiume Pa e le colline che preannunciano la catena appenninica entrano a far parte del dominio romano al termine della prima guerra punica. Nel 241 avanti Cristo (era l’anno in cui Cartagine fu costretta a piegarsi di fronte alle durissime condizioni di pace), prende quota una lenta ma progressiva conquista della zona da parte delle milizie capitoline. Una volta nelle loro mani la Sicilia e la Corsica, le loro brame si spostarono versa la Liguria. e tanto fecero che si impossessarono del Tirreno non senza aver massacrato le popolazioni indigene. Un fatto che scatenò l’ira ai consoli del senatore Appio Claudio. Successivamente nel mirino finì la terra dei Galli. Una consistente quota dell’Italia settentrionale (Gallia e Cisalpina) venne trasformata in provincia romana. Nel frattempo, si susseguiva la fondazione delle principali città che sorgeranno lungo la via Emilia: si tratta di Modena, Piacenza, Cremona e molti dei più impartanti centri dell’Oltrepo. Nel corso degli anni, quelli che inizialmente erano soltanto castrum militari, si trasformarono in cittadine (tra esse, vanno ricordate Clastidium e Litubium, le odierne Casteggio e Retorbido). L’Oltrepò subì il fenomeno di una fitta migrazione di popolazioni. I Romani subentrarono agli insediamenti che precedentemente si erano stanziati lungo la valle padana. Successivamente, con il crollo dell’impero romano d’occidente, anche l’Oltrepò venne occupato dalle orde barbariche che penetrarono soprattutto nel nord d’Italia. E la zona a sud del fiume Po risentì positivamente di Pavia capitale del regno italico dal VI all’VIII secolo. La sua posizione privilegiata resterà tale fino al IX secolo, sotto il regno gotico e longobardo. Un ruolo centrale, durante il Basso Medioevo, lo giocò la città di Voghera, nata come vicus romano. Fino al 1371 resta la falange dello stato pavese. Successivamente viene ceduta al conte Luigi Dal Verme. Ma già da un secolo (dal 1271) Voghera ottiene dal consiglio dei Mille Credentari di Pavia il diritto di eleggersi un podestà e di governare con statuti propri. Quindi la zona conosce il dominio dei Visconti che costruiscono il castello di Voghera, degli spagnoli alla fine del XVI secolo quando unità territoriali e politiche frammentate vengono sostituite dal dominio iberico. Infine, nel 1743, subentrarono gli austriaci. Con l’occupazione francese nel 1796, l’Oltrepo rientra in un primo momento sotto il dipartimento di Marengo e poi di Genova. Le prime mosse avvengono sotto la dominazione asburgica. Ma è con il governo di Parigi e con Napoleone I che diventa consistente il recupero delle antiche vie di comunicazione oltrepadane, in prima linea la via Emilia. Opera che non viene tralasciata dai Piemontesi dopo il 1815. Dopo l’unità d’Italia, nel 1860, il punto focale del territorio pavese resta l’Oltrepò. Una posizione che non gli viene usurpata neanche nel corso del ventesimo secolo, quando l’Oltrepo pavese diventa uno dei centri a maggiore attività partigiana: saranno le brigate della zona ad opporre una strenua resistenza alle armate nazi-fasciste. Poi, che il secondo dopoguerra sia stato duro anche per l’Oltrepo è indubbio. Ma la posizione centrale del suo territorio, le risorse naturali e l’imprenditoria degli agricoltori ha permesso alla zona di risollevarsi rapidamente e di occupare il vertice della vitivinicoltura.

STORIA DI VOGHERA CAPITALE D’OLTREPO’
Se la storia dell’Oltrepo pavese è tra le più ricche di avvenimenti di tutta la zona, altrettanto si può dire per la città di Voghera, considerata a ragione la “capitale” di tutto l’Oltrepo. Il bandolo della successione dei secoli può essere impugnato fin da prima della nascita di Cristo, quando i Celti si insediarono lungo le coste del mar Ligure e si spostarono progressivamente verso l’interno lungo la via del Sale e la Valle Staffora. Le notizie meglio documentate risalgono all’epoca romana quando Iria (così era allora soprannominato il borgo da cui nascerà Voghera) venne compresa, secondo la divisione effettuata da Augusto, nella IX regione. L’importanza del centro deriva proprio dalla sua posizione strategica, lungo la via Postumia, la strada che collega Genova con Julia Concordia sull’ Adriatico, e dal traffico di merci e di uomini che ne comportava. La Tabula Peutingeriana (si tratta di una rappresentazione del mondo romano del III secolo dopo Cristo) mostra Iria a circa dieci miglia dall’attuale Tortona.
La posizione di passaggio aveva permesso al centro un deciso impulso economico e sociale. Ma questo fu anche causa di saccheggi da parte dei popoli barbari che mandarono in rovina la città, la quale cambiò nome assumendo quello di Vicus Iriae.
Da qui, attraverso successive variazioni, la denominazione del borgo mutò progressivamente in Viqueria, Vocheria per giungere alla definitiva Voghera.
In epoca altomedievale la città fu sottomessa ai vescovi di Tortona e dopo aver conosciuto questo dominio approdò alla libertà comunale, periodo nel quale non mancarono i contrasti con le città di Pavia e di Tortona. Durante la guerra che vide opposti i comuni lombardi al Barbarossa, Voghera mantenne una prudente neutralità anche perchè la città era sprovvista di difese sia naturali che militari. Questa mancata entrata in guerra valse a Voghera una serie di privilegi e il conferimento di uno stemma che riportava il motto “Voghera godrà grande tranquillità per lungo tempo se saprà vivere cauta”. All’inizio del XIV secolo, Matteo Visconti divenne signore della città e delle limitrofe. Saranno proprio gli esponenti della sua famiglia a far costruire, nel 1377, il castello che ancora oggi costituisce una interessante testimonianza dell’architettura militare. Nel 1436, Filippo Maria Visconti concesse la signoria della città al conte Luigi Dal Verme. I Dal Verme mantennero questo privilegio sino al 1489, anno in cui la città ritorna a far parte dei possedimenti del ducato di Milano.
Alla sovranità spagnola subentrò quella austriaca che durò sino al 1743. In quell’anno venne assegnata ai Savoia che ne fecero il capoluogo della provincia militare. E nel 1798 anche la città iriense entra a far parte dell’orbita francese guidata da Napoleone. La città assunse una fisionomia propria verso la fine dell’Ottocento quando la popolazione raggiunse le 16 mila unità. La città cominciò guindi ad avere un aspetto più ordinato rispetto al precedente grazie all’abbattimento delle vecchie mura. E subito dopo iniziarono a trovare posto le prime importanti industrie, fra cui l’officina ferroviaria, nata nel 1918.

STORIA DI VOGHERA CAPITALE D’OLTREPO’
SE LA STORIA dell’Oltrepo pavese è tra le più ricche di avvenimenti di tutta la zona, altrettanto si può dire per la città di Voghera, considerata a ragione la “capitale” di tutto l’Oltrepo. Il bandolo della successione dei secoli può essere impugnato fin da prima della nascita di Cristo, quando i Celti si insediarono lungo le coste del mar Ligure e si spostarono progressivamente verso l’interno lungo la via del Sale e la Valle Staffora. Le notizie meglio documentate risalgono all’epoca romana quando Iria (così era allora soprannominato il borgo da cui nascerà Voghera) venne compresa, secondo la divisione effettuata da Augusto, nella IX regione. L’importanza del centro deriva proprio dalla sua posizione strategica, lungo la via Postumia, la strada che collega Genova con Julia Concordia sull’ Adriatico, e dal traffico di merci e di uomini che ne comportava. La Tabula Peutingeriana (si tratta di una rappresentazione del mondo romano del III secolo dopo Cristo) mostra Iria a circa dieci miglia dall’attuale Tortona.
La corrispondenza tra l’abitato che i romani chiamavano Iria e l’attuale Voghera è garantita dalla preziosa testimonianza delle fonti itinerarie (Itinerario di Antonino della fine del III secolo d.C., Tabula Peutingeriana confermata risalente ad un orig. del IV secolo d.C.) e letterarie (Tolomeo, che però commette un errore nel giudicare Iria appartenente ai Taurini, e Plinio). Non sarebbe corretto, comunque, enfatizzare il ruolo dell’antica Voghera, che fu un centro di strada, certamente in buona posizione logistica, ma di modesta importanza, come testimoniano gli esigui ritrovamenti archeologici, che non consentono, né la conoscenza del dinamismo del processo di romanizzazione, né un’adeguata definizione dei limiti del nucleo romano. La fonte topografica resta dunque la più importante per ogni possibile considerazione sull’antica città: essa ha consentito di appurare che le due linee del cardo e del decumano massimi si incontrano approssimativamente al centro dell’attuale città, vicino a piazza Duomo;
nei pressi dell’incrocio doveva sorgere l’antico abitato, che si è proposto di collocare tra via Emilia, via Cairoli, il Castello e via Cavour.
La posizione di passaggio aveva però permesso al centro un deciso impulso economico e sociale. Ma questo fu anche causa di saccheggi da parte dei popoli barbari che mandarono in rovina la città, la quale cambiò nome assumendo quello di Vicus Iriae.
Da qui, attraverso successive variazioni, la denominazione del borgo mutò progressivamente in Viqueria, Vocheria per giungere alla definitiva Voghera.
Non vi sono testimonianze documentarie sino al X secolo inoltrato, quando il mutamento di condizioni politiche aveva ormai trasformato Voghera in villaggio fortificato. Risalgono alla metà del XII secolo le prime menzioni dei cinque quartieri di Voghera, che prendevano il nome dalla porta in essi situata e dagli edifici ecclesiastici adiacenti.
Le cinque porte erano: quella di Sant’Andrea, o Pareto, a nord, che si congiungeva con la strada per Pavia e Milano; quella di San Pietro, ad est che, mediante la strada Romea, collegava la città a Piacenza; porta Sant’Ilario, a sud-est, da cui partiva la strada per le località minori di Retorbido, Codevilla e Mondondone; porta Santo Stefano, a sud, che consentiva la comunicazione con Rivanazzano, Godiasco, Varzi; ed infine porta Rossella, a ovest, da cui usciva la strada Romea verso Tortona e Genova. Una certa importanza può essere rivendicata a Voghera nel medioevo quale luogo di transito e di sosta per i pellegrini diretti a Roma ed in Terra Santa; ne sono prova il moltiplicarsi degli ospedali (negli ultimi secoli del medioevo ve ne furono in Voghera non meno di una decina) e la stessa morte presso il borgo di San Bovo, patrono vogherese (X secolo).

In epoca altomedievale la città fu sottomessa ai vescovi di Tortona e dopo aver conosciuto questo dominio approdò alla libertà comunale, periodo nel quale non mancarono i contrasti con le città di Pavia e di Tortona. Durante la guerra che vide opposti i comuni lombardi al Barbarossa, Voghera mantenne una prudente neutralità anche perchè la città era sprovvista di difese sia naturali che militari. Questa mancata entrata in guerra valse a Voghera una serie di privilegi e il conferimento di uno stemma che riportava il motto “Voghera godrà grande tranquillità per lungo tempo se saprà vivere cauta”.
Contesa tra Pavia e Tortona tra XII e XIII secolo, durante il XIV secolo fu sottomessa ai Visconti, continuamente contrastati dai marchesi di Monferrato. Nel 1436 fu infeudata da Filippo Maria Visconti alla famiglia Dal Verme, che, sia pur tra alterne vicende, mantenne un peso rilevante nelle vicende vogheresi per oltre un secolo e mezzo. Nel XVII secolo, in pieno dominio spagnolo, la vita interna fu modesta; un certo numero di episodi di edilizia religiosa, tuttavia, ci segnala che lo spirito della Riforma Cattolica fece presa sulla nostra città, almeno negli aspetti più esteriori.
Saranno proprio gli esponenti della sua famiglia a far costruire, nel 1377, il castello che ancora oggi costituisce una interessante testimonianza dell’architettura militare. Nel 1436, Filippo Maria Visconti concesse la signoria della città al conte Luigi Dal Verme. I Dal Verme mantennero questo privilegio sino al 1489, anno in cui la città ritorna a far parte dei possedimenti del ducato di Milano.
Con la pace di Utrecht (1713) Voghera passò alla sudditanza austriaca, ed in seguito, con il trattato di Worms (1743), a quella sabauda e nel 1744 divenne capoluogo della nuova provincia dell’Oltrepò. Dopo il tormentato periodo napoleonico, la città visse una fase di forte espansione economica, correlata ad un aumento demografico; interventi edilizi ed urbanistici ne caratterizzarono la vita per circa un secolo. Tra questi ricordiamo, per le rilevanti modifiche apportate al volto della città, l’abbattimento della antiche mura e porte (1821-30), sostituite dalla cerchia di viali che ancor oggi costituisce la circonvallazione interna.
La città assunse una fisionomia propria verso la fine dell’Ottocento quando la popolazione raggiunse le 16 mila unità. La città cominciò quindi ad avere un aspetto più ordinato rispetto al precedente grazie all’abbattimento delle vecchie mura.
E subito dopo iniziarono a trovare posto le prime importanti industrie, fra cui l’officina ferroviaria, nata nel 1918.

CENNI SULLA GEOGRAFIA

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CENNI SULLA GEOLOGIA DELL'OLTREPO PAVESE (lunghissimo)

Dato che i rilievi dell’Oltrepo pavese appartengono all’ Appennino Settentrionale, anzi, ne rappresentano l’estrema propaggine settentrionale che si protende nella Pianura Padana con lo sperone di Stradella, è necessario fare una breve descrizione sulla genesi di questa catena montuosa. L’Appennino Settentrionale risulta dalla sovrapposizione tettonica di due grandi insiemi, diversi per litologia, struttura ed origine paleogeografica: un Insieme Esterno Umbro-toscano (Toscanidi) ed un Insieme Interno Ligure-emiliano (Liguridi). L’insieme Esterno è costituito essenzialmente da uno zoccolo continentale, appartenente alla Placca Apula (Adriatico-Padana) su cui poggiano, anche se scollate e deformate, le successioni mesozoico-terziarie che ne rappresentano l’originale copertura sedimentaria. L’insieme Interno consta di una serie di unità tettoniche che, per la presenza di ofioliti (rocce ignee basaltiche ed ultrabasiche tipiche della litosfera oceanica) si sono invece originate in un oceano estendendosi eventualmente anche sulla parte più assottigliata dei margini continentali adiacenti. Queste unità hanno comunque abbandonato il loro substrato originario, scomparso per subduzione, per sovrascorrere da ovest verso est (vergenza appenninica) sull’Insieme Esterno, che ha avuto ruolo di avampaese, costituendo perciò una coltre alloctona. Da un punto di vista geodinamico più generale l’Oceano Ligure Piemontese, da cui sono derivate queste unità, costituiva la separazione fra Continente iberico-europeo da un lato e Continente apulo-africano dall’altro, i cui margini hanno rappresentato gli avampaesi rispettivi delle Alpi e dell’Appennino; dalla sua subduzione hanno avuto origine unità alloctone obdotte con vergenza opposta, nell’una e nell’altra catena. L’Oltrepo pavese può essere suddiviso a grandi linee in tre fasce altimetriche, che si dividono in misura sostanzialmente equa l’intera superficie topografica e che presentano caratteri orografici e geologici differenti. I rilievi le cui quote superano indicativamente 800 m. di quota rientrano nella fascia montana, a partire grossomodo da 100 m. fino a 800 m di quota, si estende la fascia collinare. Compresa tra quest’ultima ed il corso del Po, è la porzione più settentrionale dell’Oltrepo, cioè la Pianura (100-60 m. di quota). Parte delle rocce che costituiscono i rilievi dell’Oltrepo pavese si sono formate proprio sul fondale del Bacino Oceanico Ligure-Piemontese (l’Insieme Interno Ligure), parte sul fondo di bacini marini posteriori all’oceano ligure-piemontese (la Successione Epiligure e la Successione del Bacino Terziario Piemontese). Si tratta infatti, ad eccezione delle ofioliti, di rocce sedimentarie di origine marina, quali calcareniti, calcari marnosi, marne, argilliti, arenarie, costituenti alternanze stratigraficamente differenti a seconda del luogo e del periodo di deposizione. Le successioni calcareo-marnose prendono il nome di flysch ad elmintoidi per la frequente presenza, nelle rocce che le compongono, delle caratteristiche tracce fossili meandriformi lasciate da piccoli organismi limivori durante i loro percorsi alla ricerca del cibo sul fondo marino. I flysch ad elmintoidi iniziarono a sedimentarsi circa 80 Ma, nel Cretaceo superiore e ha avuto termine nel Paleocene, in certe successioni si è protratta fino all’Eocene medio ( 43 Ma). Questo termine è sinonimo di torbidite di rapido accumulo. Il fondo del bacino oceanico sul quale si depositavano i flysch ad elmintoidi, mostrava una morfologia irregolare, caratterizzata da rilievi e depressioni che suddividevano l’intera area di sedimentazione in regioni minori. L’accumulo torbiditico di ciascuna di queste regioni ha dato origine a successioni sedimentarie pluriformazionali che, a seguito degli eventi orogenetici, sono andate a costituire unità tettoniche, a ciascuna delle quali è stato attribuito un nome specifico (Unità M. Antola, Unità M.Cassio, Unità M. Caio, ecc); di una unità fanno quindi parte differenti formazioni rocciose. Dell’Insieme Interno si distinguono due sottogruppi: il Dominio Ligure Interno e il Dominio Ligure Esterno. Nell’Oltrepo pavese non compaiono le Toscanidi, affioranti invece nella vicina”Finestra di Bobbio”, in Val Trebbia (una finestra tettonica è un’area dove l’erosione e il denudamento tettonico di unità superiori, hanno portato ad affiorare unità sottostanti). Le Liguridi Interne pavesi sono rappresentate fondamentalmente dall’Unità del M. Antola (flysch ad elmintoidi composti da strati di  marne-calcaree, di argilliti e di arenarie; Cretaceo sup.-Paleocene), che forma i rilievi dell’alta Val Staffora (Lesima, Chiappo, ecc). Nella media Val Staffora le Liguridi Interne sono ricoperte in discordanza dalla successione del Bacino Terziario Piemontese. Le Liguridi Esterne caratterizzano parte della fascia montana(M. Penice, M. Alpe, M. Calenzone, ecc), con torbiditi calcareo marnose del Cretaceo sup.- Eocene medio, ed ofioliti del Giurassico; sono inoltre diffuse nella fascia collinare. Nella bassa Val Staffora, nelle valli Ardivestra e Nizza e in tutta la fascia di bassa collina, si assiste alla sovrapposizione della Successione Epiligure sulle Liguridi Esterne. Nell’era Terziaria la regione dove si trovava il prisma d ‘accrezione appenninico era interessata da diversi bacini di dimensioni differenti, separati fra loro ma con caratteristiche simili. Sul fondo di questi bacini (quindi al di sopra del prisma orogenetico), tra l’Eocene medio e il Miocene superiore, si sono depositate successioni che vengono indicate sotto il generico nome di Successione Epiligure. Nell’Oltrepo pavese tale successione è rappresentata da diverse formazioni, gessoso-solfifera, argilloso-marnose, arenacee, non di rado ricche in macrofossili ( ad esempio i coralli, i lamellibranchi, i gasteropodi contenuti nelle Arenarie del M. Vallassa.). Il Bacino Terziario Piemontese (BTP) occupava l’attuale area del cunese, protendendosi ad est sino ad interessare parte di quella che oggi è la Val Staffora. La successione del BTP, sedimentatasi fra l’Eocene sup. e il Miocene inf., comprende conglomerati, come elementi di base, sopra i quali vi sono strati arenaceo-marnosi di origine torbiditica. L’attuale struttura geologica dell’Appennino settentrionale, è a falde di ricoprimento, cioè è il risultato di una serie di accavallamenti, delle une sulle altre, di differenti unità tettoniche. Le deformazioni del fondo del Bacino Oceanico Ligure-Piemontese ebbero inizio nel Cretaceo (testimoniato dalla presenza di brecce ofiolitiche inglobate nei flysch ad elmintoidi), interessando esclusivamente l’Insieme Interno e terminarono nell’Eocene sup., quando presero a depositarsi su quest’ultimo le successioni del BTP ed Epiliguri. Nel Miocene si assiste invece alla traslazione delle Liguridi (e delle sovrapposte Epiliguri e BTP) sulle Toscanidi, le quali a loro volta sono interessate da fenomeni di corrugamento. Nel corso di tale traslazione si compie anche l’accavallamento delle Liguri Interne sulle Liguri Esterne. La fase deformativa sin conclude nel Pliocene inf., ed in quel periodo interessa in particolare il fronte appenninico oggi sepolto sotto i sedimenti padani.
Fascia montana: le massime elevazioni dell’Appennino Pavese sono il M. Lesima (1724 m), il M. Chiappo (1700 m), il M. Penice (1460 m), il M. Alpe (1253 m), il M. di Pietra Corva (1078 m), ecc, la morfologia dei rilievi dipende dalle caratteristiche litologiche del sottosuolo, gli eventi geologici che hanno interessato la zona montana sono molto complessi. Rispetto alla fascia collinare (Liguridi Esterne, Epiliguri, e Successione del Bacino Terziario Piemontese) la montagna (Liguridi Interne) è stata interessata più intensamente da fenomeni di deformazione tettonica, infatti, nelle Liguridi Interne sono presenti segni di un leggero metamorfismo. In questa fascia affiorano le formazioni più antiche dell’Oltrepo, formatasi tra la fine del Cretaceo e l’Eocene. Vi sono sono caratterizzate da calcari prevalenti (M. Penice), altre da argille prevalenti (aree di Romagnese, S. Margherita, Pregola e Colleri), che inglobano masse litologicamente differenti, le più importanti delle quali sono quelle ofiolitiche; altre zone ancora sono caratterizzate da alternanza di strati calcarei e argillosi (area del M. Lesima e del M. Calenzone), oppure arenacei e argillosi (area del Brallo). I più conosciuti affioramenti ofiolitici sono i Sassi Neri (chiamati così per la loro colorazione scura) e il Monte di Pietra Corva.
Fascia collinare: questa fascia può essere suddivisa in due fasce minori, che presentano alcune diversità geologiche e geomorfologiche: la “bassa collina” (o fascia pedeappenninica) e la “alta collina”. La bassa collina rappresenta l’estremità settentrionale dei rilievi oltrepadani, che si raccorda con la pianura. Essa è costituita da vaste superfici topografiche, elevate sulla pianura, di coltri sedimentarie di origine alluvionale antica (Pleistocene) e marina recente (Miocene- Pliocene sup.). Queste superfici originariamente presentavano una relativa uniformità, ma l’azione erosiva dei corsi d’acqua, le ha scomposte nel corso dei millenni in una serie di costoni caratterizzati da crinali piatti. La fascia di bassa collina è fondamentalmente costituita da successioni alluvionali e marine di ghiaie e/o sabbie parzialmente cementate, con intercalazioni locali di ghiaie sciolte, limo e argille; in certe zone questo materiale è ricoperto da uno strato di limo giallastro di origine eolica (loess). Crinali a sommità piatta, simili per origine a quelli sopra citati, si trovano anche nell’alta collina. Su questi crinali collinari, nell’alto medioevo sono sorti numerosi castelli e rocche, attorno ai quali si sono sviluppati successivamente i borghi (ad esempio: Montalto, Oliva Gessi, Pietra e Rocca de’Giorgi, Canneto, Rovescala, ecc). Le rocce che costituiscono l’alta collina sono in gran parte di origine sedimentaria marina e si sono depositate sopratutto durante il Terziario; si tratta di arenarie, molasse, argille, marne argillose, marne, conglomerati di varia composizione. Nella fascia collinare compare localmente anche la Successione gessoso-solfifera, chiamata così per il fatto di contenere depositi di zolfo e di gessi. Tale Successione si è formata alla fine del Miocene, durante la “Crisi di salinità del Mediterraneo”. Il gesso è un solfato di calcio e per questo in relazione alla presenza di depositi gessiferi sono collocate le numerose sorgenti sulfuree, la cui distribuzione è sempre associata a superfici di discontinuità strutturale nel sottosuolo, quali faglie o fratture. Oltre a  quelle celebri di Rivanazzano T., e Salice T., altre sorgenti sulfuree di rilievo sono quelle di Retorbido, del Luria, di Camarà, ecc, oggi abbandonate. Rivanazzano T. e Salice T. inoltre si trovano in una zona che presenta manifestazioni di tipo petrolifero, per un tratto diretto da sud a nord di oltre 4 km; il fenomeno si manifesta anche in altre zone, come Retorbido, Ca’ Isola Spinosa, S. Desiderio, M. Alfeo. Sorgenti di acque salso-bromo-iodiche accompagnano i petroli e sono da tempo sfruttate per bagni curativi, mentre le argille, prive di sabbia e ricche di idrocarburi, vengono utilizzate per fanghi curativi. Alcuni noti e ben visibili affioramenti di gesso sono quelli presenti nella valle del Rile di S. Zeno, tra Corvino S. Quirico e Oliva Gessi, la cui potenza (spessore) è di circa 80 m e si presenta come cristalli di gesso cementati da marna. Altro noto affioramento è quello  della valle del Luria dove l’affioramento più consistente si trova poco prima di giungere a Mondondone e il promontorio su cui sorge questa località è costituito da molasse sovrastate da arenaria e conglomerati con frammenti fossili (Miocene sup.). Il gesso si presenta bianco, più traslucido che trasparente, lamellare o, meno frequentemente, granulare. Tra le faglie presenti nell’Oltrepo pavese, la più significativa è la Linea “Villalvernia-Varzi”, che insieme alla Linea “Ottone-Levanto”, costituisce un’importante linea tettonica. Secondo alcuni studiosi la Linea V.V. rappresenterebbe il limite fra Alpi ed Appennino, mentre altri individuano questo limite in corrispondenza della Linea “Sestri-Voltaggio”, situata più ad est. La Lina V.V. è dunque l’espressione superficiale di un piano di faglia subverticale, con orientamento est-ovest, che interessa la Val Staffora grossomodo tra il Passo della Scaparina, Varzi e il M. Vallassa e che prosegue ad ovest fino alla Valle Scrivia (nei pressi di Villalvernia), e ad est sino in Val Trebbia, per uno sviluppo complessivo di circa 40 km. In corrispondenza di tale faglia si sono verificati nel passato diversi terremoti. Oltre ad assumere un ruolo decisivo relativamente ai fenomeni sismici regionali, la Linea V.V. assume un’importanza non trascurabile anche nell’influenzare la morfologia locale, obbligando il torrente principale dell’Oltrepo pavese, lo Staffora, a seguire un corso caratterizzato da improvvisi mutamenti di direzione “a gomito”. Il corso dello Staffora infatti nella parte alta ha andamento sud/sudest-nord/nordovest, poi, tra la confluenza del Torrente Aronchio e Varzi (e quindi in corrispondenza della Linea V.V.) curva, per mantenere un andamento est-ovest fino a Bagnaria (dove cessa l’influenza della Linea V.V.) e quindi riprende l’andamento sud/sudest-nord/nordovest da Bagnaria in poi.

Bibliografia: 

AA.VV. – Appennino Ligure-Emiliano, Guida geologica a cura della Società Geologica Italiana, BE-MA editrice, Milano , 2ª edizione, 2002.

CENNI SULLA GEOLOGIA DELL'OLTREPO PAVESE

Dato che i rilievi dell’Oltrepo pavese appartengono all’ Appennino Settentrionale, anzi, ne rappresentano l’estrema propaggine settentrionale che si protende nella Pianura Padana con lo sperone di Stradella, è necessario fare una breve descrizione sulla genesi di questa catena montuosa. L’Appennino Settentrionale risulta dalla sovrapposizione tettonica di due grandi insiemi, diversi per litologia, struttura ed origine paleogeografica: un Insieme Esterno Umbro-toscano (Toscanidi) ed un Insieme Interno Ligure-emiliano (Liguridi). L’insieme Esterno è costituito essenzialmente da uno zoccolo continentale, appartenente alla Placca Apula (Adriatico-Padana) su cui poggiano, anche se scollate e deformate, le successioni mesozoico-terziarie che ne rappresentano l’originale copertura sedimentaria. L’insieme Interno consta di una serie di unità tettoniche che, per la presenza di ofioliti (rocce ignee basaltiche ed ultrabasiche tipiche della litosfera oceanica) si sono invece originate in un oceano estendendosi eventualmente anche sulla parte più assottigliata dei margini continentali adiacenti. Queste unità hanno comunque abbandonato il loro substrato originario, scomparso per subduzione, per sovrascorrere da ovest verso est (vergenza appenninica) sull’Insieme Esterno, che ha avuto ruolo di avampaese, costituendo perciò una coltre alloctona. Da un punto di vista geodinamico più generale l’Oceano Ligure Piemontese, da cui sono derivate queste unità, costituiva la separazione fra Continente iberico-europeo da un lato e Continente apulo-africano dall’altro, i cui margini hanno rappresentato gli avampaesi rispettivi delle Alpi e dell’Appennino; dalla sua subduzione hanno avuto origine unità alloctone obdotte con vergenza opposta, nell’una e nell’altra catena. L’Oltrepo pavese può essere suddiviso a grandi linee in tre fasce altimetriche, che si dividono in misura sostanzialmente equa l’intera superficie topografica e che presentano caratteri orografici e geologici differenti. I rilievi le cui quote superano indicativamente 800 m. di quota rientrano nella fascia montana, a partire grossomodo da 100 m. fino a 800 m di quota, si estende la fascia collinare. Compresa tra quest’ultima ed il corso del Po, è la porzione più settentrionale dell’Oltrepo, cioè la Pianura (100-60 m. di quota). Parte delle rocce che costituiscono i rilievi dell’Oltrepo pavese si sono formate proprio sul fondale del Bacino Oceanico Ligure-Piemontese (l’Insieme Interno Ligure), parte sul fondo di bacini marini posteriori all’oceano ligure-piemontese (la Successione Epiligure e la Successione del Bacino Terziario Piemontese). Si tratta infatti, ad eccezione delle ofioliti, di rocce sedimentarie di origine marina, quali calcareniti, calcari marnosi, marne, argilliti, arenarie, costituenti alternanze stratigraficamente differenti a seconda del luogo e del periodo di deposizione. Le successioni calcareo-marnose prendono il nome di flysch ad elmintoidi per la frequente presenza, nelle rocce che le compongono, delle caratteristiche tracce fossili meandriformi lasciate da piccoli organismi limivori durante i loro percorsi alla ricerca del cibo sul fondo marino. I flysch ad elmintoidi iniziarono a sedimentarsi circa 80 Ma, nel Cretaceo superiore e ha avuto termine nel Paleocene, in certe successioni si è protratta fino all’Eocene medio ( 43 Ma). Questo termine è sinonimo di torbidite di rapido accumulo. Il fondo del bacino oceanico sul quale si depositavano i flysch ad elmintoidi, mostrava una morfologia irregolare, caratterizzata da rilievi e depressioni che suddividevano l’intera area di sedimentazione in regioni minori. L’accumulo torbiditico di ciascuna di queste regioni ha dato origine a successioni sedimentarie pluriformazionali che, a seguito degli eventi orogenetici, sono andate a costituire unità tettoniche, a ciascuna delle quali è stato attribuito un nome specifico (Unità M. Antola, Unità M.Cassio, Unità M. Caio, ecc); di una unità fanno quindi parte differenti formazioni rocciose. Dell’Insieme Interno si distinguono due sottogruppi: il Dominio Ligure Interno e il Dominio Ligure Esterno. Nell’Oltrepo pavese non compaiono le Toscanidi, affioranti invece nella vicina”Finestra di Bobbio”, in Val Trebbia (una finestra tettonica è un’area dove l’erosione e il denudamento tettonico di unità superiori, hanno portato ad affiorare unità sottostanti). Le Liguridi Interne pavesi sono rappresentate fondamentalmente dall’Unità del M. Antola (flysch ad elmintoidi composti da strati di  marne-calcaree, di argilliti e di arenarie; Cretaceo sup.-Paleocene), che forma i rilievi dell’alta Val Staffora (Lesima, Chiappo, ecc). Nella media Val Staffora le Liguridi Interne sono ricoperte in discordanza dalla successione del Bacino Terziario Piemontese. Le Liguridi Esterne caratterizzano parte della fascia montana(M. Penice, M. Alpe, M. Calenzone, ecc), con torbiditi calcareo marnose del Cretaceo sup.- Eocene medio, ed ofioliti del Giurassico; sono inoltre diffuse nella fascia collinare. Nella bassa Val Staffora, nelle valli Ardivestra e Nizza e in tutta la fascia di bassa collina, si assiste alla sovrapposizione della Successione Epiligure sulle Liguridi Esterne. Nell’era Terziaria la regione dove si trovava il prisma d ‘accrezione appenninico era interessata da diversi bacini di dimensioni differenti, separati fra loro ma con caratteristiche simili. Sul fondo di questi bacini (quindi al di sopra del prisma orogenetico), tra l’Eocene medio e il Miocene superiore, si sono depositate successioni che vengono indicate sotto il generico nome di Successione Epiligure. Nell’Oltrepo pavese tale successione è rappresentata da diverse formazioni, gessoso-solfifera, argilloso-marnose, arenacee, non di rado ricche in macrofossili ( ad esempio i coralli, i lamellibranchi, i gasteropodi contenuti nelle Arenarie del M. Vallassa.). Il Bacino Terziario Piemontese (BTP) occupava l’attuale area del cunese, protendendosi ad est sino ad interessare parte di quella che oggi è la Val Staffora. La successione del BTP, sedimentatasi fra l’Eocene sup. e il Miocene inf., comprende conglomerati, come elementi di base, sopra i quali vi sono strati arenaceo-marnosi di origine torbiditica. L’attuale struttura geologica dell’Appennino settentrionale, è a falde di ricoprimento, cioè è il risultato di una serie di accavallamenti, delle une sulle altre, di differenti unità tettoniche. Le deformazioni del fondo del Bacino Oceanico Ligure-Piemontese ebbero inizio nel Cretaceo (testimoniato dalla presenza di brecce ofiolitiche inglobate nei flysch ad elmintoidi), interessando esclusivamente l’Insieme Interno e terminarono nell’Eocene sup., quando presero a depositarsi su quest’ultimo le successioni del BTP ed Epiliguri. Nel Miocene si assiste invece alla traslazione delle Liguridi (e delle sovrapposte Epiliguri e BTP) sulle Toscanidi, le quali a loro volta sono interessate da fenomeni di corrugamento. Nel corso di tale traslazione si compie anche l’accavallamento delle Liguri Interne sulle Liguri Esterne. La fase deformativa sin conclude nel Pliocene inf., ed in quel periodo interessa in particolare il fronte appenninico oggi sepolto sotto i sedimenti padani.
Fascia montana: le massime elevazioni dell’Appennino Pavese sono il M. Lesima (1724 m), il M. Chiappo (1700 m), il M. Penice (1460 m), il M. Alpe (1253 m), il M. di Pietra Corva (1078 m), ecc, la morfologia dei rilievi dipende dalle caratteristiche litologiche del sottosuolo, gli eventi geologici che hanno interessato la zona montana sono molto complessi. Rispetto alla fascia collinare (Liguridi Esterne, Epiliguri, e Successione del Bacino Terziario Piemontese) la montagna (Liguridi Interne) è stata interessata più intensamente da fenomeni di deformazione tettonica, infatti, nelle Liguridi Interne sono presenti segni di un leggero metamorfismo. In questa fascia affiorano le formazioni più antiche dell’Oltrepo, formatasi tra la fine del Cretaceo e l’Eocene. Vi sono sono caratterizzate da calcari prevalenti (M. Penice), altre da argille prevalenti (aree di Romagnese, S. Margherita, Pregola e Colleri), che inglobano masse litologicamente differenti, le più importanti delle quali sono quelle ofiolitiche; altre zone ancora sono caratterizzate da alternanza di strati calcarei e argillosi (area del M. Lesima e del M. Calenzone), oppure arenacei e argillosi (area del Brallo). I più conosciuti affioramenti ofiolitici sono i Sassi Neri (chiamati così per la loro colorazione scura) e il Monte di Pietra Corva.
Fascia collinare: questa fascia può essere suddivisa in due fasce minori, che presentano alcune diversità geologiche e geomorfologiche: la “bassa collina” (o fascia pedeappenninica) e la “alta collina”. La bassa collina rappresenta l’estremità settentrionale dei rilievi oltrepadani, che si raccorda con la pianura. Essa è costituita da vaste superfici topografiche, elevate sulla pianura, di coltri sedimentarie di origine alluvionale antica (Pleistocene) e marina recente (Miocene- Pliocene sup.). Queste superfici originariamente presentavano una relativa uniformità, ma l’azione erosiva dei corsi d’acqua, le ha scomposte nel corso dei millenni in una serie di costoni caratterizzati da crinali piatti. La fascia di bassa collina è fondamentalmente costituita da successioni alluvionali e marine di ghiaie e/o sabbie parzialmente cementate, con intercalazioni locali di ghiaie sciolte, limo e argille; in certe zone questo materiale è ricoperto da uno strato di limo giallastro di origine eolica (loess). Crinali a sommità piatta, simili per origine a quelli sopra citati, si trovano anche nell’alta collina. Su questi crinali collinari, nell’alto medioevo sono sorti numerosi castelli e rocche, attorno ai quali si sono sviluppati successivamente i borghi (ad esempio: Montalto, Oliva Gessi, Pietra e Rocca de’Giorgi, Canneto, Rovescala, ecc). Le rocce che costituiscono l’alta collina sono in gran parte di origine sedimentaria marina e si sono depositate sopratutto durante il Terziario; si tratta di arenarie, molasse, argille, marne argillose, marne, conglomerati di varia composizione. Nella fascia collinare compare localmente anche la Successione gessoso-solfifera, chiamata così per il fatto di contenere depositi di zolfo e di gessi. Tale Successione si è formata alla fine del Miocene, durante la “Crisi di salinità del Mediterraneo”. Il gesso è un solfato di calcio e per questo in relazione alla presenza di depositi gessiferi sono collocate le numerose sorgenti sulfuree, la cui distribuzione è sempre associata a superfici di discontinuità strutturale nel sottosuolo, quali faglie o fratture. Oltre a  quelle celebri di Rivanazzano T., e Salice T., altre sorgenti sulfuree di rilievo sono quelle di Retorbido, del Luria, di Camarà, ecc, oggi abbandonate. Rivanazzano T. e Salice T. inoltre si trovano in una zona che presenta manifestazioni di tipo petrolifero, per un tratto diretto da sud a nord di oltre 4 km; il fenomeno si manifesta anche in altre zone, come Retorbido, Ca’ Isola Spinosa, S. Desiderio, M. Alfeo. Sorgenti di acque salso-bromo-iodiche accompagnano i petroli e sono da tempo sfruttate per bagni curativi, mentre le argille, prive di sabbia e ricche di idrocarburi, vengono utilizzate per fanghi curativi. Alcuni noti e ben visibili affioramenti di gesso sono quelli presenti nella valle del Rile di S. Zeno, tra Corvino S. Quirico e Oliva Gessi, la cui potenza (spessore) è di circa 80 m e si presenta come cristalli di gesso cementati da marna. Altro noto affioramento è quello  della valle del Luria dove l’affioramento più consistente si trova poco prima di giungere a Mondondone e il promontorio su cui sorge questa località è costituito da molasse sovrastate da arenaria e conglomerati con frammenti fossili (Miocene sup.). Il gesso si presenta bianco, più traslucido che trasparente, lamellare o, meno frequentemente, granulare. Tra le faglie presenti nell’Oltrepo pavese, la più significativa è la Linea “Villalvernia-Varzi”, che insieme alla Linea “Ottone-Levanto”, costituisce un’importante linea tettonica. Secondo alcuni studiosi la Linea V.V. rappresenterebbe il limite fra Alpi ed Appennino, mentre altri individuano questo limite in corrispondenza della Linea “Sestri-Voltaggio”, situata più ad est. La Lina V.V. è dunque l’espressione superficiale di un piano di faglia subverticale, con orientamento est-ovest, che interessa la Val Staffora grossomodo tra il Passo della Scaparina, Varzi e il M. Vallassa e che prosegue ad ovest fino alla Valle Scrivia (nei pressi di Villalvernia), e ad est sino in Val Trebbia, per uno sviluppo complessivo di circa 40 km. In corrispondenza di tale faglia si sono verificati nel passato diversi terremoti. Oltre ad assumere un ruolo decisivo relativamente ai fenomeni sismici regionali, la Linea V.V. assume un’importanza non trascurabile anche nell’influenzare la morfologia locale, obbligando il torrente principale dell’Oltrepo pavese, lo Staffora, a seguire un corso caratterizzato da improvvisi mutamenti di direzione “a gomito”. Il corso dello Staffora infatti nella parte alta ha andamento sud/sudest-nord/nordovest, poi, tra la confluenza del Torrente Aronchio e Varzi (e quindi in corrispondenza della Linea V.V.) curva, per mantenere un andamento est-ovest fino a Bagnaria (dove cessa l’influenza della Linea V.V.) e quindi riprende l’andamento sud/sudest-nord/nordovest da Bagnaria in poi.

Bibliografia: 

AA.VV. – Appennino Ligure-Emiliano, Guida geologica a cura della Società Geologica Italiana, BE-MA editrice, Milano , 2ª edizione, 2002.

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