La rosa dei venti
Un viaggio in bicicletta

Una Storia

Quante volte vi è capitato di prendere la nostra auto con la fidanzata, la moglie o qualche amico ed iniziare a percorrere la Valle Staffora verso Varzi, fare una sosta, ammirare il paese (che resta comunque uno dei luoghi più belli d’Italia, almeno per me, che essendo di origini varzesi, l'ho nel cuore e non mi capacito di come mai non sia iscritto nella lista dei Borghi più belli d’Italia):  spinti, poi,  da spirito di avventura, si decide di proseguire verso le montagne più alte dell’Oltrepò Pavese.
Lo sguardo accarezza tanti paesini arroccati lungo la strada, o vicini al corso del torrente Staffora,  alcuni più conosciuti, altri meno, ma che danno la medesima impressione di familiarità, di placida vita quotidiana; sembra quasi di essere a casa e ciò coinvolge tutti, non solo  coloro che  numerosi sono emigrati verso città come Milano, alla ricerca di un lavoro sicuro.
Entriamo in un piccolo punto di ristoro che qui, spesso, è un bar con ristorazione, facilmente ci si imbatte in un arredamento che rammenta di storie e tradizioni. Capita di essere serviti da un’anziana signora e lei che ci racconta del figlio; tutti i fine settimana torna al paese per godersi il sole tiepido dell'appennino e la frescura della sera. La ascoltiamo volentieri, con il sorriso sulle labbra, forse rispettando quella malinconia che esce dal suo cuore; è un modo per fermare il tempo, così frenetico, e stimolare quei sensi, che molto spesso lasciamo in un angolo, come l'ascoltare i suoni, il bearsi dei profumi, assaporare, osservare e toccare, per vivere  l'insieme di emozioni, che queste terre ci offrono.
Ripreso il viaggio, per chi ha radici in questi luoghi, certamente, avrà qualche momento di riflessione, un silenzio fatto di buoni ricordi che provengono da molto lontano e toccano l'infanzia; poi un profondo sospiro e si riparte, speranzosi, fiduciosi, con la voglia di sedersi su un bel prato di montagna e lasciare che il vento ti accarezzi i pensieri. Spesso i profumi qui sono intensi, come quelli dei fiori che nascono spontanei o che si trovano sui balconi delle case, quasi ad accogliere il nostro arrivo; ma anche i profumi dei cibi che cuociono sui fornelli, o col fuoco  della stufa; inebriano le stanze, nasce il desiderio di seguirne la scia e spingersi dentro casa.
La vista, all’interno della casa è calamitata dalla signora vicino alla stufa, la pentola è colma di vino, pronta ad accogliere  la carne, la verdura e le spezie per un buon brasato, il fuoco cuoce lento trasformando il tutto in una delizia per il palato; più in là lo sguardo corre verso il tavolo di legno nudo, sul quale si notano un cerchio di farina con al centro uova sgusciate, l’acqua resa sapida e le mani segnate dal tempo  e dal lavoro, che con passione e maestria avvolgono l’impasto, compiendo movimenti ritmici; gli occhi di chi opra non fissano più in là come chi riflette sul passato e rivive quei momenti che appartengono a tempi più lontani.
I movimenti automatici delle mani lasciano spazio alla sua mente che corre nel tempo a quando bambina osservava la mamma che, sullo stesso tavolo ripeteva gli stessi movimenti  si prodigava, soprattutto nelle feste importanti per soddisfare, con le sue prelibatezze, l'olfatto e il gusto dei famigliari e degli ospiti.
Si scorge, più in là, un uomo che sta arrivando col tipico cappello nero, una camicia bianca, un paio di pantaloni da lavoro e le scarpe segnate dalla terra del campo che qui ancora regala vita; la moglie sorride nel vederlo e sofferma lo sguardo sul viso scavato dal vento, sulle mani nodose e forti, la mente rimembra quel giovane che portandosi al petto il cappello si inchinava a lei trasmettendole, con occhi felici e lucidi, quanto non aveva il coraggio di dirle con le parole e ancora adesso aspetta quei messaggi con l'affetto di sempre.
Vita dura da queste parti, dover migrare per il lavoro stagionale in risaia, nelle vigne delle colline o, per le donne, nelle città liguri a fare le balie perchè anche questo era fonte di reddito per chi non trovava l'autosufficienza su queste montagne meravigliose ma spesso avare; soprattutto  è stata l'ultima guerra che ha caratterizzato questo popolo dell'Oltrepò appenninico, il suo carattere fiero temprato nel tempo l'ha portato ad essere partecipe sia in guerra sia nelle lotte partigiane dove erano spesso presenti le donne nella veste di chi era di supporto diretto e di chi col dolore nel cuore per la perdita di un figlio o di un marito apportava comunque un suo servizio alla comunità. Tanti figli di questa terra sono state vittime del periodo bellico, ne sono prova le lapidi che troverete sul cammino, ai bordi delle strade; cippi che invitano a ricordare che certi eventi storici hanno lasciato il segno e comunque l'essere umano ha trovato la forza e il coraggio di ripartire con tanta voglia di rinascere anche interiormente. Tutto ciò dovrebbe essere di monito per le nuove generazioni e indurle a profonde riflessioni.
Ancora oggi, da queste parti, le mogli condividono col marito le stesse immagini di un tempo ed è normale quindi trovarle lì  al tavolo di legno, con le mani avvolte dalla farina e come su riportato accolgono colui col quale da sempre condividono l’amore per quella famiglia, la speranza nella continuità di una vita serena condizionata dalla terra da lavorare faticosamente e ritmata dal ciclo delle stagioni. Basta spesso l'omaggio di un fiore di campo, di un frutto della terra o un semplice sguardo dolce per rafforzare ulteriormente il carattere e procedere sul cammino della vita.
Anche ai lettori può capitare di  scorgere in questi borghi chi per loro impasta la farina per offrire una teglia profumata e fumante colma di agnolotti di stufato, un salame cucito dal gusto antico, i funghi di cui sono ricchi i boschi, la torta di mandorle, i formaggi locali e, ovviamente, un buon bicchiere di vino.
Gianni Brera amava ricordare come la sua provincia d'origine fosse: "a forma di grappolo d'uva" e anche l'alto Oltrepò esprime anche a tavola un aspetto importante della sua realtà quotidiana. Parecchi i ristoranti, le trattorie e gli agriturismi che propongono sapori antichi e tradizionali. Va anche ricordato che l'appennino delle quattro regioni ha trovato in Ernest Hemingway un grande estimatore; il fascino ancora oggi esistente di questa natura, allo stesso tempo curata e selvaggia, la possibilità di ammirare la flora e fauna di un fascino unico unita all'aspetto paesaggistico ancora intonso, nonché lo sguardo che può spaziare verso le valli e la pianura a perdita d'occhio, lo rendono unico. Cosa meglio, quindi, per chi ama la natura riscoprire questi territori che permettono di essere percorsi a piedi, in mountain bike o a cavallo, alla ricerca di piacevoli emozioni che certamente non mancano. La storia insegna che tanti nostri avi hanno percorso per motivi di sopravvivenza le strade del sale; diversi di loro hanno abbandonato la riviera per stanziarsi su questo appennino alla ricerca di maggiore fortuna e nel tempo hanno però sempre curato le antiche vie che oggi più che mai possono essere percorse da chi unisce la cultura del territorio col piacere dell'avventura.
Ecco, racchiusa in poche righe, una storia antica che si perpetua nel tempo, ancora oggi comune a quelle poche famiglie che sono rimaste stanziali; è così che, visitando i paesini di queste zone, possiamo spiare, entrando in quella porticina, come ci è capitato su di rimembrare.  Quanto su scritto è frutto del mio rapporto con nonna Carmela, una figura dolcissima, che ricordo con tanto affetto, sull'antica mulattiera in sasso che quotidianamente percorreva da Varzi a Fabbrica Curone, per portare la sua presenza al fratello in difficoltà; qualsiasi fosse il tempo o la stagione, la sua presenza era determinante più di quel pezzo di formaggio o di altro cibo che cucinava per il suo congiunto.