Il percorso è in aggiornamento, per ora si possono visualizzare le tracce sulla mappa digitale; a presto i dati, video e foto.
La possiamo individuare lungo la SS45 che collega Genova a Piacenza. La via saliva da Genova al Passo della Scoffera, poi, da Torriglia, entrava in Val Trebbia. Divide le mulattiere con altre vie qui indicate come la Via Patranica, Via del Gifalco, La Via Romea di Val Trebbia. Una via commerciale ma anche una via che usavano i pellegrini, questo dovuto al fatto che transitava da Bobbio seguendo quella che era la Via Romea in Val Trebbia. A Rettagliata, nei pressi di Gorreto, si divide: la via principale seguiva la Val Trebbia risalendo a Rovegno e Montebruno arrivando a Torriglia e, passando dal Passo della Scoffera (dove arriva la variante), risale a Capenardo per iniziare la discesa verso Prato, dove, scendendo lungo il Bisagno, arrivava a Genova. La seconda via da Rettagliata seguiva la Via Romea e, a Fontanigorda, si divideva da questa seguendo la d.o. della Val Trebbia sulla sponda opposta della via principale. Arrivati a Montebruno risaliva a Barbagelata. Ora seguiamo la odierna Alta Via dei Monti Liguri e il Sentiero Europeo E/1 e, al Colle del Monte Lavagnola, segue la via del mare. Al Passo della Scoffera si unisce alla via principale.
La Via piacentina
La strada saliva da Borzonasca per il monte Fascia fino a Rezzoaglio e da li seguiva i crinali montani dello Aveto fino al punto in cui si getta nella Trebbia e infine, seguendo il suo corso, raggiunge Bobbio. Da Bobbio, infine il percorso era abbastanza agevole lungo la bassa Trebbai fino a Piacenza. Oggi come ieri ei i un'area a bassissima densità di insediamenti umani, con minuscoli villaggi sparsi per lo più a mezza costa dei monti. Una delle vallate più vere dell' entroterra ligure, ricca, tuttavia di foreste che contribuivano non poco alla costruzione della flotta genovese.
Il borgo di Borzonasca rappresentava lo snodo principale delle mulattiere e fu, storicamente, assai importante strategicamente per la sua posizione geografica che consentiva la chiusura del passaggio verso il mare. Non a caso, nei suoi pressi, esisteva una fortificazione bizantina che presidiava il passo. Questa stessa fortificazione fu, con la conquista longobarda della Liguria sotto il regno di Liutprando (712 dc.), trasformata in chiesa e xenodochio (luogo di rifugio per i viandanti) col nome, molto probabilmente, di San Giorgio, e posta sotto la giurisdizione dell'abbazia di Bobbio.
Dopo la conquista franca e la formazione del Sacro Romano Impero di Germania, documenti certi attestano la riconferma della chiesa di Borzonasca alla abbazia di Bobbio, mentre è solo dopo il Mille che viene assegnata al vescovo di Genova e, poi ancora, con l'acquisizione, da parte dei Fieschi, di Borzone, nel 1145, la chiesa ebbe il titolo di abbazia e fu affidata all'abate benedettino Lantelmo, della "congregazione religiosa
della casa di Dio". L'anno successivo, 1185, divenne commenda
parrocchiale rimanendo tale fino al 1847. 11 complesso monastico comprende la chiesa, la sacrestia, un chiostro, un edificio adibito a canonica e una casa colonica. Una torre, in blocchi bugnati degli inizi del XIII secolo, fu trasformata nel 13 10 in campanile mediante l'aggiunta della cella campanaria.
Particolarmente interessante la soluzione architettonica che vede l'uso del mattone e della pietra, fatto unico nell'architettura religiosa ligure. Tutto il perimetro della chiesa, partire dalla facciata,
solcato da archi ciechi in mattone che conferiscono armonia e vivacità all'intero edificio e rappresentano un fatto del tutto straordinario nell'ambito delle chiese medioevali dell'intera Liguria.
Da Borzonasca si raggiunge Rezzoaglio passando per il passo della Forcella. Il comune è assai ampio e abbraccia una quantità di piccoli insediamenti abitativi, la più parte dei quali oggi in abbandono o abitati da una o due persone. Nel medioevo fu feudo dei Malaspina, quindi passò ai Fieschi e, infine, a seguito della ben nota congiura fallita, fu sotto la signoria dei Doria.
Il paese si raccoglie intorno alla imponente chiesa cinquecentesca di San Michele, a cui fu aggiunta una maestosa torre campanaria nel secolo XVIII. In realtà Rezzoaglio è più un puntò di riferimento amministrativo e geografico lungo una via di passaggio che un borgo definito da un solido insediamento abitativo di ampia e precisa unità. Storicamente si trattava di uno dei tanti piccoli villaggi di poche case che si sparpagliavano lungo il vasto e asprissimo territorio dell'Aveto. A poco più di una decina di chilometri troviamo Santo Stefano, che fu centro dell'antichissimo feudo dei Malaspina, e, dopo la parentesi dei Fieschi, fu feudo dei Doria, dove qui posero un loro castello che, più ancora che per presidiare il territorio da nemici esterni, serviva come deterrente per i briganti del luogo, come carcere e luogo di amministrazione della giustizia.
Situato in un pianoro circondato dai monti Maggiorasca, Bue e Penna, fu luogo di naturale convergenza e stazionamento delle carovane che attraversano i due versanti appenninici. Interessante il vecchio borgo in pietra clic conserva antichissime case di epoca medioevale, mentre intorno allo spiazzo, dove rimangono i resti del castello, troviamo la parte moderna del paese, che orientata al turismo invernale e residenziale, presenta nuclei residenziali e strutture alberghiere che fanno pensare a villaggi delle alte valli svizzere.
Da Santo Stefano si raggiunge agevolmente il passo del Tomarlo che porta in Val Nure e sulla cresta del monte Penna.
Per altro verso, invece, il percorso carovaniero seguiva i orinali dell'Aveto verso la Trebbia, e da qui arrivava a Bobbio, la capitale storica della civiltà appenninica Medioevale. La mulattiera si dirigeva su Ascona, toccava Orezzoli, proseguiva per Cerignale e da qui scendeva in vai Trebbia, a Marsaglia, per arrivare, infine a.Bobbio.
Bobbio merita un discorso a parte, perché fu la sede dell'importantissimo monastero longobardo di san Colombano dal quale iniziò la civilizzazione cristiana di queste valli appenniniche dopo la caduta dell'impero romano. Città vescovile, ancora oggi presenta un tono e uno stile da piccola capitale. Come abbiamo già detto, queste strette e profonde valli furono riportate alla civiltà e ad una visione cristiana della vita dai monaci, seguaci di San Colombano, che dall'Irlanda venne, prima in Francia, e quindi in Italia, alla corte del regno longobardo di Agilulfo e di sua moglie Teodolinda, ovunque fondando monasteri che si richiamavano all'antica regola benedettina e facevano del lavoro e della preghiera lo scopo della vita religio8a. Questo fatto ha sempre fatto della cittadina di Bobbio qualcosa di più che un semplice paese di montagna. Infatti, Bobbio e oggi un bel borgo clic non nasconde i suoi trascorsi di antica piccola capitale culturale e religiosa. 11 suo centro e una ragnatela di vie strette e austere, ma di indubbio tono e signorilità. Un piccolo, ma massiccio, castello dei Dal Verme domina la parte più alta del paese; tutto intorno tanti fabbricati moderni a indicare sia la vocazione turistica, ma anche industriale e produttiva, che contraddistingue la cittadina.
La via verso Piacenza seguiva il corso della Trebbia che presenta ampi slarghi permettendo un agevole percorso fino alla meta finale, cioè Piacenza, passando per tutta una serie di piccoli centri che punteggiano il corso del fiume.
La Via di Dante
La vita di Dante è sempre stata avvolta nel mistero. Sappiamo però dell'amicizia con la famiglia Malaspina condivisa ma anche per la grande cultura che Dante possedeva e che affascinò Franceschino di Mulazzo, il suo grande protettore. Franceschino era figlio di Moroello II (Marchese di Mulazzo e Val Trebbia il cui padre era Corrado l'antico che il sommo poeta beneficiò citandolo nei canto VIII del Purgatorio.
Nel 1310 scese in Italia l'Imperatore Arrigo VII (Enrico) di Lussemburgo e cogliendo l'occasione volle andare a omaggiarlo a Milano. Anzi, la sua visita fu anticipata da una sua lettera piena di ottimismo indirizzata ai governanti e al popolo di Firenze.
Ma quale percorso fece per arrivare a Milano? Dando per scontato che parti dalla Lunigiana il percorso logico sarebbe stato di indirizzarsi verso Genova e proseguire per Milano utilizzando la grande via commerciale chiamata "Via di Lombardia" che univa i due luoghi, ma non poté farlo in quanto nel 1308 Dante maltrattò i Genovesi e i Doria tanto da citarli nel cantico dell'Inferno con dure invettive.' Quindi dovette optare di percorrere un difficoltoso percorso appenninico protetto dai Malaspina. Partendo da Chiavari si spostò verso il Passo del Portello (allora chiamato Bocca di Corsica) e giunse a Siestri dove esiste ancora la "Casa di Dante". Passando per Torriglia prese la Via di Val Trebbia, passando per Montebruno, Rovegno, Gorreto, il Castello di Croce e Ponte Organasco dove si trovava il ponte che immetteva la via verso il Passo del Brallo passando a fianco del Torrente Avagnone e Someglio dove i Malaspina fecero costruire l'antica chiesa. Raggiunto il Passo del Brallo si passava dal Castello di Pregola per giungere a Varzi. Il castello Oramala era il punto di incontro dei trovatori e quindi Dante era il sommo benvenuto. Passando per la valle Staffora seguendo i vari castelli dei Malaspina giunse a Pavia e Milano.
Il percorso è stato costruito seguendo le strade indicate nella mappa dei Feudi di Borgonio del 1683 rifatta nel 1772